Io dico, poi perché?

a cura di Filomena Pinca

Il tono era di scherzo, non nego, per via di quel maledetto estro. E poteva anche parere ch’io parlassi con molta fatuità: lo riconosco. Ma le proposte di un Gengè medico o avvocato o professore e perfino deputato, se potevano far ridere me, avrebbero potuto imporre a lui, io dico, almeno quella considerazione e quel rispetto che di solito si hanno in provincia per queste nobili professioni così comunemente esercitate anche da tanti mediocri coi quali, poi poi, non mi sarebbe stato difficile competere.

La ragione era un’altra, lo so bene. Non mi ci vedeva neanche lui, mio suocero. Per motivi ben altri dai miei.

Non poteva ammettere, lui, ch’io gli levassi il genero (quel suo Gengè ch’egli vedeva in me, chi sa come) dalle condizioni in cui se n’era stato finora, cioè da quella comoda consistenza di marionetta che lui da un canto e la figlia dall’altro, e dal canto loro tutti i socii della banca gli avevano dato.

Dovevo lasciarlo così com’era, quel buon figliuolo feroce di Gengè, a vivere senza pensarci dell’usura di quella banca non amministrata da lui.

E io vi giuro che l’avrei lasciato lì, per non turbare quella mia povera bambola, il cui amore mi era pur così caro, e per non cagionare un così grave scompiglio a tanta brava gente che mi voleva bene, se, lasciandolo lì per gli altri, io poi per mio conto me ne fossi potuto andare altrove con un altro corpo e un altro nome.

Luigi Pirandello

Uno, nessuno e centomila

Nota generale al testo Bibliografia critica
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Filomena Pinca


Filomena Pinca (Policoro, 1977)
Nata a Policoro in provincia di Matera, Filomena Pinca vive a Valsinni (MT), piccolo borgo lucano, che nel Cinquecento fu teatro dei versi della poetessa Isabella Morra e della sua tragica morte. Ha conseguito presso l’Università degli Studi della Basilicata la Laurea in Lettere Moderne del Vecchio Ordinamento e con lode la Laurea Magistrale in Storia e Civiltà Europee. Possiede diverse abilitazioni all’insegnamento, master e corsi di perfezionamento inerenti alla didattica e all’uso delle nuove tecnologie. È docente di Materie Letterarie e Latino al Liceo Scientifico dell’IIS Carlo Levi di Sant’Arcangelo (PZ), presso cui è componente del Team Digitale e svolge anche attività di referente d’Istituto per l’Educazione Civica, coordinatore di classe, tutor di PCTO e per l’orientamento curriculare degli studenti del triennio. Ha maturato una solida esperienza come relatrice e moderatrice in molteplici eventi culturali; per tre anni ha fatto parte della Commissione Basilicata del Premio “Giacomo Leopardi” istituito dal Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati. Appassionata di storia locale, nel 2016 ha pubblicato il saggio storico La Città di Tricarico in Età Napoleonica.

altro nome


Confronta le figure di Mattia Pascal e Vitangelo Moscarda nel rapporto con la crisi identitaria.

con un altro corpo


Cimentati con una Escape Room sul romanzo: https://view.genial.ly/66088ed6eab45e0014644a5c/interactive-content-uno-nessuno-e-centomila

E io vi giuro che l’avrei lasciato lì


A chi si rivolge Moscarda? Che toni assume la sua narrazione?

banca non amministrata da lui


Compara la figura dell’inetto Moscarda e quella di altri personaggi letterari di tua conoscenza (es. Zeno Cosini).

usura


Qual è la maschera di cui Moscarda vuol liberarsi nel testo? Ve ne sono altre all’interno del romanzo? In che modo vorrebbe “scardinarle”? Argomenta in un’unica risposta che non superi le 15 righe.

quel suo Gengè ch’egli vedeva in me, chi sa come


Spiega perché questo periodo evidenziato può rientrare nel concetto di “relativismo conoscitivo” (max 15 righe).

competere


Scopri l’origine etimologica di «competere» e precisa se Pirandello utilizza il verbo nel significato latino o come regionalismo.

con molta fatuità


Nell’espressione «ch’io parlassi con molta fatuità», il termine fatuità può essere sostituito da:

a) superficialità b) cognizione di causa   c) sicurezza

Io dico, poi perché?


Il testo proposto costituisce il capitolo quinto del libro sesto, Io dico, poi perché? Vitangelo Moscarda, detto Gengè, ha appena annunciato al suocero di voler disfarsi della banca paterna per realizzare un’opera caritatevole e di sentirsi in grado di poter intraprendere altre professioni considerate degne di rispetto (con implicito riferimento all’attività di usura, vera fonte della ricchezza familiare), ma non risulta da lui compreso. Il narratore autodiegetico usa toni ironici e beffardi; il racconto segue i pensieri del protagonista, che nei suoi esilaranti ragionamenti non esita a tirare in ballo anche i lettori («e io vi giuro […]»). Sono presenti i temi fondamentali della filosofia pirandelliana: la vita, l’identità, la società, il relativismo conoscitivo, le maschere, la follia.

io poi per mio conto


È il concetto di “forestiere della vita”, esposto attraverso un ipotetico sdoppiamento della forma di «quel buon figliuolo feroce di Gengè», a cui tutti erano abituati e del “pazzo” che si rifugia in un altro io.

buon figliuolo feroce


«Buon figliuolo feroce» è ossimorico. Mette in evidenza ancora una volta il contrasto tra “essere” e “apparire”, riportando alla mente il mito rousseauiano del “buon selvaggio”, dell’uomo che vive in libertà, lontano dalla corruzione della società e del progresso.

marionetta


Tra le immagini più significative utilizzate da Pirandello, vi è senz’altro quella della marionetta, che ritroviamo anche nel Fu Mattia Pascal. Allegoricamente essa rappresenta l’alienazione dell’uomo, che vive e si muove meccanicamente, fino a che un evento ne sconvolge le certezze.

Non mi ci vedeva


Il corsivo sottolinea un verbo chiave del romanzo. Il vedersi è sempre legato al concetto di immagine (è dal guardarsi allo specchio e dalla banale osservazione della moglie sul naso pendente a destra, che ha inizio la crisi identitaria) e con valore copulativo indica proprio l’avere una determinata percezione di sé stessi o della propria condizione.

mediocri


Presa la decisione di “togliersi la maschera del figlio dell’usuraio”, Gengé si sente un uomo nuovo in grado di tenere testa a chiunque, anche a coloro che non eccellono in queste professioni.

professore


Nel capitolo precedente, Vitangelo-Gengè intende ritirare i denari dalla banca paterna, paravento per l’attività di usura, vera fonte della ricchezza familiare e liberarsene istituendo «o un’opera di carità o qualcosa di simile». Questo suo intento però suscita l’ira del suocero, che per la prima volta gli appare «tutto scomposto e agitato». L’ironia è dilagante. Gengè paventa al suocero, uomo sempre soddisfatto di sé, «fantoccio da sarto e testa da vetrina di barbiere», una serie di professioni molto rispettate, che potrebbe intraprendere se solo “ci si mettesse”: medico, dottore in lettere e filosofia, ma anche avvocato avendo “la parola facile” o politico («[…] dando via i danari di mio padre, ma sa che popolarità! Mi potrebbero anche eleggere deputato»).

Gengè


Gengè è il nomignolo dato dalla moglie Dida a Vitangelo Moscarda, apparentemente privo di significato, ma che in vero rappresenta una delle molteplici immagini con cui il nostro protagonista viene percepito dagli altri. “Gengè” ricorda tanto il suono onomatopeico ‘nghe ‘nghe, con cui comunemente si riproduce il pianto dei lattanti.

Può essere dunque legato all’ “essere” infantile, ingenuo di Vitangelo, che la moglie percepisce come dominante della sua persona.

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Luigi Pirandello nasce a Girgenti (oggi Agrigento), nella contrada Caos, il 28 giugno 1867. Di famiglia agiata, svolge il suo percorso di studi tra Palermo e Roma; qui entra in contatto con Luigi Capuana. Pubblica i primi libri di poesie (Mal giocondo, 1889; Pasqua di Gea, 1891), seguiti da poche altre raccolte (Elegie renane, 1895; Zampogna, 1901; Fuori di chiave, 1912); si reca in Germania, dove approfondisce autori come Goethe e Schopenhauer e si laurea a Bonn con una tesi sul dialetto agrigentino. Tornato in Italia, si stabilisce a Roma nel 1893, dando vita a una intensa produzione di saggi, novelle e romanzi e, dal 1913, anche di soggetti e sceneggiature per il cinema; si dedica all’insegnamento (1897-1922) presso l’Istituto Superiore di Magistero. Il periodo è segnato sia dai dissesti economici della sua famiglia (il rovinoso fallimento dell’impresa paterna nel 1903), sia dai problemi di salute della moglie, Antonietta Portulano, sposata nel 1894, da cui ha tre figli; la donna, affetta da disturbi mentali, viene ricoverata definitivamente a Roma nel 1919.

Agli inizi del Novecento, la riflessione di Pirandello si incentra prevalentemente sugli argomenti più dibattuti della sua epoca (ad esempio, il rapporto fra arte e scienza), e su temi quali l’umorismo, a cui dedica un fondamentale scritto pubblicato nel 1908 in cui sostiene la tesi che l’arte possa scomporre il reale fino a evidenziarne le profonde contraddizioni. I primi romanzi (L’esclusa, 1901; Il turno, 1902) segnano una distanza dal verismo, da cui prende le mosse la sua narrativa, attraverso una visione più problematica e relativistica della vita e del mondo. I suoi personaggi, che non si identificano nei “vinti” verghiani, sono per lo più piccolo borghesi (impiegati, pensionati, professionisti), figure anonime e inquiete, votate all’incomunicabilità, protagoniste sia di intrecci consueti nella letteratura del tempo (triangoli amorosi, vendette, matrimoni in crisi, pazzie), sia di accadimenti bizzarri, ai limiti dell’assurdo; essi incarnano il più delle volte il dissidio angoscioso tra essere e apparire, tra vita (l’essenza autentica dell’individuo) e forma (la “maschera” per la società), e sono presentati con modalità che superano i canoni naturalistici, attraverso una prosa dal registro medio, discorsiva, dominata dal dialogo. Il primo romanzo in cui compiutamente figurano i tratti distintivi della poetica di Pirandello è Il fu Mattia Pascal (1904), considerato il suo capolavoro in ambito narrativo; seguono le raccolte di novelle, tutte confluite nella raccolta Novelle per un anno, progettata nel 1922 (Erma bifronte, 1906; La vita nuda, 1910; Terzetti, 1912; Le due maschere, 1914, poi intitolata Tu ridi, 1920; La trappola, 1915; Erba del nostro orto, 1915; E domani, lunedì…, 1917; Un cavallo nella luna, 1918; Berecche e la guerra, 1919; Il carnevale dei morti, 1919) e i romanzi scritti nello stesso periodo e successivamente, dagli esiti non sempre del tutto convincenti (Suo marito, 1911, rielaborato e uscito postumo con il titolo Giustino Roncella nato Boggiolo, 1941; I vecchi e i giovani, 1913; Si gira…, 1916, poi pubblicato con il titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore, 1925; Uno, nessuno e centomila, 1926).

I consensi riguardo alla sua attività di narratore, ma soprattutto riferiti alla sua instancabile opera di drammaturgo, gli procurano grande fama a livello nazionale e mondiale. A partire dal 1915 si dedica infatti alla scrittura per il teatro e alla regia, anche con diverse esperienze all’estero; dirige il Teatro d’Arte di Roma (dal 1925 al 1928) e una propria compagnia, legandosi sentimentalmente alla prim’attrice, Marta Abba. Così come nella produzione narrativa, da cui scaturisce buona parte dei soggetti drammatici, anche nel teatro Pirandello rielabora in una prima fase gli elementi fondanti la commedia borghese, arricchendoli con nuovi spunti tematici e caricandoli di implicazioni umoristiche e grottesche: Lumie di Sicilia, 1910; Pensaci Giacomino!, 1916; Liolà, 1916, originariamente in dialetto siciliano; Così è (se vi pare), 1917; Il piacere dell’onestà, 1917; La patente, 1918; Ma non è una cosa seria, 1918; Il berretto a sonagli, 1918; Il giuoco delle parti, 1918; Tutto per bene, 1920; Come prima, meglio di prima, 1920; La signora Morli, una e due, 1920. In una fase successiva, Pirandello prende le distanze da tali caratteristiche in direzione del dramma e della tragedia: Sei personaggi in cerca d’autore, 1921, considerato il suo capolavoro, che, insieme con Ciascuno a suo modo (1924), e Questa sera si recita a soggetto (1930), costituisce la cosiddetta trilogia del “teatro nel teatro”, incentrata sulla riflessione profonda intorno all’essenza stessa dell’atto creativo e della rappresentazione della realtà; Enrico IV, 1922; Vestire gli ignudi, 1922; L’uomo dal fiore in bocca, 1923; La vita che ti diedi, 1923; Diana e la Tuda, 1927; Come tu mi vuoi, 1930; Quando si è qualcuno, 1933; Non si sa come, 1935.

Aderisce al fascismo nel 1924 (a seguito di una pubblica richiesta di iscrizione) pur configurandosi come autore sempre più innovativo, distante dalla politica culturale del regime; nel 1929 viene nominato Accademico d’Italia e nel 1934 gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura. Nell’ultima fase della produzione per il teatro, quella dei cosiddetti “miti” moderni (La nuova colonia, 1928; Lazzaro, 1929), Pirandello lascia incompiuta sua ultima opera, I giganti della montagna (prima rappresentazione postuma nel 1937), ma si avvicina alla sperimentazione europea tracciando una direzione di ricerca particolarmente significativa per successivi sviluppi.

A causa dell’aggravarsi di una broncopolmonite, muore a Roma il 10 dicembre 1936 nella sua casa di via Antonio Bosio 15, divenuta poi sede dell’Istituto di Studi Pirandelliani.

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Uno, nessuno e centomila (1926) è l’ultimo dei sette romanzi scritti da Pirandello. Cominciato nel 1909, vide la luce nel 1925 come romanzo a puntate pubblicato nella rivista La Fiera Letteraria e poi in volume nel 1926 edito da R. Bemporad & Figlio.

Il protagonista, Vitangelo Moscarda, da una banale osservazione della moglie, nata casualmente sul suo aspetto fisico, scopre che gli altri hanno di lui un’immagine diversa da quella che egli ha di sé stesso. Entra dunque in crisi il suo sistema di certezze e ha una sorta di epifania, prendendo coscienza di non essere “uno” come aveva sempre creduto ma “centomila” nello sguardo degli altri e quindi, alla fine, “nessuno”.

Il romanzo raggiunge il punto più alto della critica identitaria iniziata con Il fu Mattia Pascal, però a differenza di Pascal che restava ancora legato al suo nome se pur con il riferimento negativo del “fu”, Moscarda sceglie di fondersi nella totalità della vita, arrivando a negare il proprio nome e a non voler più essere nessuno.

Uno, nessuno e centomila rappresenta la risposta alla domanda cruciale che l’uomo si è posto lungo i secoli: chi sono io?

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  • Alessandro d’Amico e Alessandro Tinterri, Pirandello capocomico, Palermo, Sellerio Editore, 1986
  • Anna Maria Sciascia, Il gioco dei padri. Pirandello e Sciascia, Roma, Avagliano Editore, 2021
  • Bart Van den Bossche, Monica Jansen e Natalie Dupré (a cura di), Illusione e affabulazione in Pirandello e nel modernismo europeo, Atti del Convegno Internazionale Lovanio/Anversa, 19-21 maggio 2010, Firenze, Franco Cesati Editore, 2013
  • Elio Gioanola, Pirandello’s story – La vita o si vive o si scrive, Milano, Jaca Book, 2007
  • Elio Providenti, Colloqui con Pirandello, Firenze, Edizioni Polistampa, 2005
  • Elio Providenti, Pirandello impolitico. Dal radicalismo al Fascismo, Salerno, Salerno Editrice, 2000
  • Enzo Lauretta, Luigi Pirandello. Storia di un personaggio «fuori di chiave», Milano, Ugo Mursia Editore, 2008
  • Luigi Filippo d’Amico, L’uomo delle contraddizioni. Pirandello visto da vicino, Palermo, Sellerio Editore, 2007
  • Marcello F. Turno, Il mancato suicidio di Luigi Pirandello, Roma, Alpes Italia Editore, 2012
  • Maria José De Lancastre, Con un sogno nel bagaglio. Un viaggio di Pirandello in Portogallo, Palermo, Sellerio Editore, 2008
  • Maria Luisa Aguirre D’Amico, Vivere con Pirandello, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1989
  • Matteo Collura, Il gioco delle parti – Vita straordinaria di Luigi Pirandello, Milano, Longanesi, 2010
  • Nino Borsellino, Il dio di Pirandello, Palermo, Sellerio Editore, 2004
  • Paolo Jachia, Pirandello e il suo Cristo. Segni e indizi dal “Fu Mattia Pascal”, Milano, Ancora Editrice, 2007
  • https://cnsp.it/
  • https://www.pirandelloweb.com/pirandello-discorso-nobel/
  • https://www.pirandelloweb.com/poetica-di-pirandello/#11
  • https://www.pirandelloweb.com/tematiche-pirandelliane/
  • https://www.pirandelloweb.com/tematiche-stile/
  • https://www.rumorscena.com/04/12/2011/genge-o-uno-nessuno-e-centomila-tre-facce-di-un-uomo-destinato-a-sparire-nel-nero-pirandelliano
  • https://www.studiodiluigipirandello.it/