Giovanni Giudici

Porto Venere (SP), 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011

Giovanni Giudici nasce in Liguria, nel borgo di Le Grazie, una frazione di Porto Venere in provincia della Spezia il 26 giugno 1924. Gli anni della prima infanzia sono segnati dalla morte della madre nel 1927 – che stava educando il figlio secondo i principi del cattolicesimo – e dal dolore per l’allontanamento dal borgo natio dopo il nuovo matrimonio del padre. Profondamente legato ai nonni materni, Giudici sofferse il trasferimento della famiglia prima a Cadimare, sempre in provincia della Spezia, poi nel capoluogo spezzino stesso. Soltanto alla fine della Quinta elementare, e poi, negli anni seguenti, durante le estati, gli sarà possibile tornare a Le Grazie. Al séguito del padre si trasferisce a Roma a nove anni, dove frequenta le scuole medie e ginnasiali, compone le prime prove poetiche e inizia a leggere, con intensità, i maggiori testi della letteratura europea. Dopo aver frequentato il Liceo “Giulio Cesare”, si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia – dopo aver inizialmente scelto Medicina – laureandosi infine in Letteratura Francese. 

Negli anni della Guerra, mentre proseguono le sue letture, che ora riguardano anche poeti e narratori italiani contemporanei, si avvicina al Partito d’Azione, alle cui attività e ai cui incontri clandestini partecipa. Di formazione cattolica – una identità che manterrà nel tempo, in forma aperta e problematica – e vicino politicamente alle posizioni della sinistra, nelle forme del PSIUP prima e del PCI in séguito, nel Secondo dopoguerra Giudici intensifica la sua attività presso riviste e quotidiani, tra cui il «Corriere della Sera», «L’Unità», «L’Espresso», «Il Secolo XIX», e viene assunto da Adriano Olivetti, trasferendosi infine a Milano. Negli anni Sessanta pubblica le sue prime raccolte di versi, su invito e consiglio di Vittorio Sereni. Nel 1963 pubblica la sua prima raccolta, L’educazione cattolica, che confluirà in La vita in versi del 1965. Del 1969 è Autobiologia, cui seguono Il male dei creditori (1977), Lume dei tuoi misteri (1984), Fortezza (1990). Le sue ultime raccolte sono Quanto spera di campare Giovanni (1993), Empie stelle (1996), Eresia della sera (1999). Dopo essere tornato nella nativa Porto Venere, muore a La Spezia nel 2011. La poesia di Giudici si fonda su un rapporto di confidenza con la parola, e si presenta come uno strumento di autodifesa e come un dono vitale intorno al quale costruire la resistenza dell’Io davanti alla modernità; il suo verso è «post-ermetico, colloquiale e teatrale, cantabile e ripetibile, privo di enfasi» (Berardinelli). I suoi riferimenti sono Saba e Caproni, Montale e Pascoli, sia nei temi che nei metri, per la cantabilità e la tersità semantica e lessicale. La poesia, carica di una tensione morale e civile legata al tempo mobile della piena modernità, cerca di legare il tema autobiografico alle radici biologiche, storiche e culturali che definiscono il soggetto. La poesia vuole essere «una sorta di espansione biologica dell’io» (Ferroni). Nella sua opera l’attenzione allo sperimentalismo, tipico della linea lombarda, si salda al desiderio di una poesia vitale, che esprima e colga la verità dei rapporti umani, la loro fecondità, in una prospettiva neo-umanistica e sociale.

Lume dei tuoi misteri

Lume dei tuoi misteri

Mondadori, Milano, 1984

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