Augurio

a cura di Daniela Marro

Camera dopo camera la donna
inseguita dalla mattina canta,
quanto dura la lena
strofina i pavimenti,
spande cera. Si leva, canto tumido
di nuova maritata
che genera e governa,
e interrotto da colpi
di spazzole, di panni
penetra tutto l’alveare, introna
l’aria già di primavera.

Ora che tutt’intorno, a ogni balcone,
la donna compie riti
di fecondità e di morte,
versa acqua nei vasi, immerge fiori,
ravvia le lunghe foglie, schianta
i seccumi, libera i buttoni,
per il meglio della pioggia,
per il più caldo del sole,
o miei giovani e forti,
miei vecchi un po’ svaniti,
dico, prego: sia grazia essere qui,
grazia anche l’implorare a mani giunte,
stare a labbra serrate, ad occhi bassi
come chi aspetta la sentenza.
Sia grazia essere qui,
nel giusto della vita,
nell’opera del mondo. Sia così.

Mario Luzi

Dal fondo delle campagne

Nota generale al testo Bibliografia critica
Interazioni
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nel giusto della vita,
nell’opera del mondo.


Il giusto della vita e Nell’opera del mondo sono i titoli di due delle tre sezioni in cui è suddivisa L’opera poetica di Luzi, pubblicata nel 1998 per i Meridiani Mondadori.

dico, prego: sia grazia essere qui,
grazia anche...


Alla figura femminile e alla sua opera in favore della vita è rivolta la preghiera e la speranza nell’umano. Altrove, sempre nel Luzi degli esordi: «la Madonna dagli occhi trasparenti / scende adagio incontro ai morenti, / raccoglie il cumulo della vita, i dolori / le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.» (M. Luzi, Alla vita, vv. 17-20 in La barca, 1935).

i seccumi, libera i buttoni,
per il meglio della...


Il tema della metamorfosi e del divenire che fioriscono dalla morte è presente altrove nell’opera di Luzi, anche nelle ultime prove. Esempio: «Deve, lo sa, scoppiare, / marcire e trasalire / nel rigoglio. / – Qual è la mano / che ha gettato la sementa? / e lui è dentro il solco / o caduto casualmente / e sperso? – non c’è differenza, / comanda la necessità, / morire e dar nascimento. / […] / Ed ecco, gli viene meno / il suo vigore, lo lascia / un indeciso / accumularsi / di materia viva, lo svuota / della sua, prende a radicarsi / al suolo, cresce, si erge / già tubero, già bulbo, / già stelo primissimo gemmante. / […] / Leggibile, esso, come vita / e parimente come morte: / 105 pari / incrociano / in lui la loro croce / e due, le sole: vita e morte, morte e vita.» (M. Luzi, Seme, vv. 38-47; 89-97; 103-108, in Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, 1994).

Il tema della sofferenza insita nella rigenerazione della natura è, com’è noto, tipicamente leopardiano. Esempio: «Entrate in un giardino di piante, d’erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell’anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno. Là quella rosa è offesa dal sole , che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un’ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. Il dolce mele non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini. Quell’albero è infestato da un formicaio, quell’altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella scorza e cruciato dall’aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell’altro ha foglie più secche; quest’altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti. Quella pianta ha troppo caldo, questa troppo fresco; troppa luce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L’una patisce incomodo e trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l’altra non trova dove appoggiarsi, o si affatica e stenta per arrivarvi. In tutto il gi(Bologna, 19 aprile 1826).» (G. Leopardi, Zibaldone , 4175-4176).

buttoni


Buttoni: il sostantivo è accrescitivo di butto (derivato da buttare nel senso di gettare), non attestato altrove nella forma proposta dal poeta. Qui indica i getti, i germogli delle piante, simbolo di rinascita dai seccumi.

morte


Nel Decameron di Giovanni Boccaccio uno degli esempi più interessanti riguardo al tema: «Quivi con questa testa nella sua camera rinchiusasi, sopra essa lungamente e amaramente pianse, tanto che tutta con le sue lagrime la lavò, mille baci dandole in ogni parte. Poi prese un grande e un bel testo, di questi nei quali si pianta la persa o il bassilico, e dentro la vi mise fasciata in un bel drappo, e poi messovi su la terra, su vi piantò parecchi piedi di bellissimo bassilico salernetano, e quegli di niuna altra acqua che o rosata o di fior d’aranci o delle sue lagrime non inaffiava giammai; e per usanza avea preso di sedersi sempre a questo testo vicina, e quello con tutto il suo disidero vagheggiare, sì come quello che il suo Lorenzo teneva nascoso; e poi che molto vagheggiato l’avea, sopr’esso andatasene, cominciava a piagnere, e per lungo spazio, tanto che tutto il bassilico bagnava, piagnea.

Il bassilico, sì per lo lungo e continuo studio, sì per la grassezza della terra procedente dalla testa corrotta che dentro v’era, divenne bellissimo e odorifero molto.» (G. Boccaccio, Lisabetta da Messina, in Decameron, IV, V).

(dal film Decameron di P. P. Pasolini, 1971; minutaggio da 1:50 a 3:22). La versione cinematografica dell’episodio è qui particolarmente suggestiva soprattutto per la resa efficace della dimensione della “ritualità”.

Sia così.


La poesia si conclude, in un clima di attesa e di preghiera, con una riflessione sul senso della vita: al taglio dialogico subentra una chiusura solenne, che pone in risalto il tema della religiosità dell’umano. Individua, distinguendoli, i passi interessati, e motiva la tua scelta.

la donna


La poesia proposta di seguito, elaborata in un’epoca e in un contesto diversi rispetto a quella di Luzi, è di Edoardo Sanguineti: la Ballata delle donne, scritta nel gennaio 1985, fa parte di otto ballate datate 1982-1989. È composta da quattro sestine di versi endecasillabi e da un distico di congedo.

quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia:

quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace:

quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire:

perché la donna non è cielo, è terra,
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente:

femmina penso, se penso l’umano:
la mia compagna, ti prendo per mano:

[da Edoardo Sanguineti, Il gatto lupesco. Poesie 1982-2001, Milano, Feltrinelli, 2002, p. 186, in Alberto Bertoni, La poesia contemporanea, Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 128-132]

Nell’ambito delle attività sul testo luziano proposte, considera temi e forme indicati di seguito allo scopo di istituire un confronto fra i due testi riguardo alla rappresentazione del femminile:

  1. i temi: dimensione individuale e universale/dimensione collettiva e storica; opposizione femmina vs maschio e/o altre figure; dialettica vita/morte, distruzione/generazione, pace/guerra; il richiamo alla Madre Terra; la posizione dell’io lirico nei confronti del “femminile”.
  2. le forme: il metro scelto dai due poeti (con particolare attenzione per la dimensione dichiaratamente comunicativa, quasi da lauda, del testo di Sanguineti); le figure di suono, di posizione e di significato presenti nei due testi (con particolare attenzione per le metonimie presenti nel testo di Sanguineti); la sintassi (con particolare attenzione per la struttura non sempre lineare nel testo di Sanguineti; il lessico (con particolare attenzione per la dimensione parlata e popolare nel testo di Sanguineti).

l’aria già di primavera


Vv. 1-11: a) l’aderenza al reale da parte del poeta è riscontrabile nei passi in cui sono descritte le azioni quotidiane della donna: individua i vocaboli e/o le espressioni appartenenti a un registro colloquiale, osservando eventualmente la frequenza di sonorità aspre e spiegandone la funzione sul piano espressivo; b) negli stessi versi, in cui prevale il taglio prosastico, compaiono tuttavia figure retoriche a sottolineare sia la dimensione sublime del vivere, sia la centralità della parola poetica: individuale e commentale.

Camera dopo camera la donna


La rappresentazione della figura femminile in un interno domestico compare in Luzi fin dalle opere di esordio. Esempio: «Nelle stanze la voce materna / senza origine, senza profondità s’alterna / col silenzio della terra, è bella / e tutto par nato da quella.» (M. Luzi, Alla vita, vv. 24-27, in La barca, 1935).

Augurio


In un interno domestico, una giovane sposa è intenta fin dal mattino nei lavori quotidiani. Il suo canto si diffonde per le stanze e nell’aria primaverile; i suoi gesti abituali nel prendersi cura delle piante collocate sui balconi si configurano come atti rituali di rigenerazione. Il poeta, con toni di preghiera, si rivolge a giovani e vecchi esortandoli a considerare sacro questo luogo e questo momento, in cui si racchiude il significato autentico della vita e del mondo.

La parola poetica di Luzi è qui familiare, distesa, e tuttavia carica di solennità quando pone in risalto la sacralità del reale.

Nota metrica: versi liberi di varia misura con prevalenza di endecasillabi (es.: al v. 5 è sdrucciolo, al v. 22 tronco) e settenari; assenti le rime (ad eccezione di qui : qui : così ai vv. 22-26-28), ma frequenti le assonanze (es., collocata al mezzo, lena : leva ai vv. 3-5) e le consonanze (es. canta : pavimenti ai vv. 2-4). Numerosi anche gli enjambement (ess. tumido / di nuova ai vv. 5-6, introna / l’aria ai vv. 10-11).

Daniela Marro


Daniela Marro (Latina, 1966) è docente presso il Liceo Scientifico "F. Severi" di Frosinone e Cultrice della Materia presso il Dipartimento di Scienze Umane della LUMSA di Roma. Laurea in Lettere nel 1992 presso «La Sapienza» di Roma e Dottorato di Ricerca in Studi Storici di Letteratura Italiana nel 1998 presso «Roma Tre». Tra le sue pubblicazioni: L’officina di D’Arrigo. Giornalismo e critica d’arte alle origini di un caso letterario (Comune di Alì Terme, Messina, 2002); saggi su rivista «Quaderni di Italianistica», «Letteratura & Arte», «L’Illuminista», «Rivista di Studi Italiani») e volumi miscellanei, fra cui Cinema nostrum. Registi, attori e professionisti ciociari del cinema (Teseo, Frosinone, 2010) e La grande magia. Mondo e oltremondo nella narrativa di Giuseppe Occhiato (Studium, Roma, 2015). Negli ultimi anni ha partecipato ai seguenti convegni: Mod nel 2014, 2015, 2017 e 2018, 2021 e 2022 (con contributi agli atti); “Crescere in poesia” presso la LUMSA di Roma nel 2019 e nel 2021. Ha collaborato dal 2011 a tutt’oggi con «O.b.l.i.o.» e dal 2012 al 2019 con Pearson nell’editoria scolastica (apparati e percorsi didattici a corredo dei manuali di letteratura italiana di G. Baldi per Paravia e G. Langella per B. Mondadori; fascicolo A lezione con “Il Corriere” per Paravia). Figura nel gruppo di ricerca e redazione della piattaforma Diletteratura e tra i referenti Mod Scuola per il Lazio.

Augurio, in Dal fondo delle campagne, 1965 a cura...


Augurio fa parte del volume Dal fondo delle campagne, pubblicato nel 1965; le poesie della raccolta scaturiscono da una fase particolarmente dolorosa della vita del poeta, segnata dalla morte della madre Margherita Papini, avvenuta nel 1959.

Nel corso di questi anni Luzi è impegnato come poeta (nel 1963 pubblica Nel magma), come docente presso il liceo e l’università (Urbino, Losanna, Firenze), come traduttore e come saggista (dal 1967 collabora con il “Corriere della Sera”con recensioni e saggi sulla letteratura latino-americana).

nel giusto della vita, nell’opera del mondo


Il giusto della vita e Nell’opera del mondo sono i titoli di due delle tre sezioni in cui è suddivisa L’opera poetica completa di Luzi, pubblicata nel 1998 per i Meridiani Mondadori.

prego: sia grazia essere qui,grazia anche...


Alla figura femminile e alla sua opera in favore della vita è rivolta la preghiera e la speranza nell’umano. Altrove, sempre nel Luzi degli esordi: «la Madonna dagli occhi trasparenti / scende adagio incontro ai morenti, / raccoglie il cumulo della vita, i dolori / le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.» (M. Luzi, Alla vita, vv. 17-20 in La barca, 1935).

per il meglio della pioggia,per il più caldo del...


Il tema della sofferenza insita nella rigenerazione della natura è, com’è noto, tipicamente leopardiano. Esempio: «Entrate in un giardino di piante, d’erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell’anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno. Là quella rosa è offesa dal sole , che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un’ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. Il dolce mele non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini. Quell’albero è infestato da un formicaio, quell’altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella scorza e cruciato dall’aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell’altro ha foglie più secche; quest’altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti. Quella pianta ha troppo caldo, questa troppo fresco; troppa luce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L’una patisce incomodo e trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l’altra non trova dove appoggiarsi, o si affatica e stenta per arrivarvi. In tutto il giardino tu non trovi una pianticella sola in istato di sanità perfetta. Qua un ramicello è rotto o dal vento o dal suo proprio peso; là un zeffiretto va stracciando un fiore, vola con un brano, un filamento, una foglia, una parte viva di questa o quella pianta, staccata e strappata via. Intanto tu strazi le erbe co’ tuoi passi; le stritoli, le ammacchi, ne spremi il sangue, le rompi, le uccidi. Quella donzelletta sensibile e gentile, va dolcemente sterpando e infrangendo steli. Il giardiniere va saggiamente troncando, tagliando membra sensibili, colle unghie, col ferro (Bologna, 19 aprile 1826).» (G. Leopardi, Zibaldone , 4175-4176).

versa acqua nei vasi, immerge fiori,ravvia le...


Il tema della metamorfosi e del divenire che fioriscono dalla morte è presente altrove nell’opera di Luzi, anche nelle ultime prove. Esempio: «Deve, lo sa, scoppiare, / marcire e trasalire / nel rigoglio. / – Qual è la mano / che ha gettato la sementa? / e lui è dentro il solco / o caduto casualmente / e sperso? – non c’è differenza, / comanda la necessità, / morire e dar nascimento. / […] / Ed ecco, gli viene meno / il suo vigore, lo lascia / un indeciso / accumularsi / di materia viva, lo svuota / della sua, prende a radicarsi / al suolo, cresce, si erge / già tubero, già bulbo, / già stelo primissimo gemmante. / […] / Leggibile, esso, come vita / e parimente come morte: / 105 pari / incrociano / in lui la loro croce / e due, le sole: vita e morte, morte e vita.» (M. Luzi, Seme, vv. 38-47; 89-97; 103-108, in Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, 1994).

buttuni


Il sostantivo è accrescitivo di butto (derivato da buttare nel senso di gettare), non attestato altrove nella forma proposta dal poeta. Qui indica i getti, i germogli delle piante, simbolo di rinascita dai seccumi.

la donna compie riti di fecondità e di morte


Nel Decameron di Giovanni Boccaccio uno degli esempi più interessanti riguardo il tema: «Quivi con questa testa nella sua camera rinchiusasi, sopra essa lungamente e amaramente pianse, tanto che tutta con le sue lagrime la lavò, mille baci dandole in ogni parte. Poi prese un grande e un bel testo, di questi nei quali si pianta la persa o il bassilico, e dentro la vi mise fasciata in un bel drappo, e poi messovi su la terra, su vi piantò parecchi piedi di bellissimo bassilico salernetano, e quegli di niuna altra acqua che o rosata o di fior d’aranci o delle sue lagrime non inaffiava giammai; e per usanza avea preso di sedersi sempre a questo testo vicina, e quello con tutto il suo disidero vagheggiare, sì come quello che il suo Lorenzo teneva nascoso; e poi che molto vagheggiato l’avea, sopr’esso andatasene, cominciava a piagnere, e per lungo spazio, tanto che tutto il bassilico bagnava, piagnea.
Il bassilico, sì per lo lungo e continuo studio, sì per la grassezza della terra procedente dalla testa corrotta che dentro v’era, divenne bellissimo e odorifero molto.»

(G. Boccaccio, Lisabetta da Messina, in Decameron, IV, V).

(dal film Decameron di P. P. Pasolini, 1971; minutaggio da 1:50 a 3:22).

La traduzione dell’episodio per il cinema è qui particolarmente suggestiva soprattutto per la resa efficace della dimensione della “ritualità”.

Ora che tutt’intorno


Il canto della donna al lavoro è motivo che appartiene alla tradizione. Esempio: «Sonavan le quiete / stanze, e le vie dintorno, / al tuo perpetuo canto» (G. Leopardi, A Silvia, 1828, vv. 7-9, in Canti).

(dal film Una giornata particolare di E. Scola, 1977; minutaggio da 10:07 a 12:34).

Nella scena – in un differente contesto storico e comunicativo - la rappresentazione del lavoro domestico e del canto femminile è proposta in chiave drammaticamente dissacrante nei confronti del regime.

l’alveare


Dai bestiari dell’antichità (il lirico greco Semonide di Amorgo) fino a quelli dei poeti della contemporaneità, l’ape è incarnazione di operosità tutta al femminile. Esempio: «E così nella pecchia / ti ritrovo, ed in tutte / le femmine di tutti / i sereni animali / che avvicinano a Dio; / e in nessun'altra donna.» (U. Saba, A mia moglie, in Poesie, 1911, poi nella sezione Casa e campagna, in Canzoniere, 1921). Nel testo il termine alveare è evocato già al v. 5: da quale sostantivo?

introna


Il verbo è derivato dall’antica forma trono ovvero tuono: qual è il suo significato nel contesto del discorso?

tumido


L’aggettivo può riferirsi sia al turgore delle labbra della donna, sia al suo orgoglio di fresca sposa. Si può affermare che il poeta qui ponga volutamente in risalto la polisemia del vocabolo?

lena


Il termine appartiene a un registro tutt’altro che colloquiale, e indica: 1. il respiro, il fiato impiegati in azioni faticose; 2. in senso figurato, la forza morale che occorre per affrontarli. Con quale accezione lo utilizza il poeta? 

canta


(dal film Una giornata particolare di E. Scola, 1977; minutaggio da 10:07 a 12:34).

Nella scena – in un differente contesto storico e comunicativo - la rappresentazione del lavoro domestico e del canto femminile è proposta in chiave drammaticamente dissacrante nei confronti del regime.

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Sesto Fiorentino, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005

Mario Luzi nasce il 20 ottobre 1914 a Castello di Firenze (Sesto Fiorentino). A causa dei frequenti spostamenti del padre svolge i suoi studi tra Castello, Firenze, Milano, Siena (per poi tornare a Firenze) e manifesta giovanissimo un forte attaccamento alla madre, la quale gli trasmette un autentico sentimento religioso. Precoce è anche la sua inclinazione per la filosofia agostiniana e la letteratura (Proust, Mann, Joyce), interessi poi confluiti nella sua feconda produzione saggistica e poetica.

Nella Firenze degli anni ’30 frequenta intellettuali e poeti con i quali sarà coinvolto nel dibattito intorno alla nuova ‘oscura poetica’ ermetica (Bo e Bigongiari in primis), e collabora attivamente a riviste quali «Il Frontespizio», «Letteratura» e «Campo di Marte». Nel 1935 pubblica per i tipi di Guanda la sua prima raccolta poetica, La barca, e l’anno successivo si laurea all’Università di Firenze con una tesi in Letteratura francese inerente all’opera di Mauriac.

Per problemi di salute è risparmiato dal fronte, e trascorre gli anni della guerra ad insegnare nelle scuole pubbliche, mestiere che lo terrà occupato almeno per un altro ventennio. Nel 1940 pubblica Avvento notturno, raccolta poetica emblematicamente ermetica, e due anni dopo si sposa con Elena Monaci dalla quale, nel 1943, nasce un figlio, Gianni. I versi scritti nel periodo bellico convogliano nelle raccolte Un brindisi (1944) e Quaderno gotico (1947). Nel dopoguerra si dedica al giornalismo, collaborando con testate italiane, e riorganizza la propria produzione saggistica in L’inferno e il limbo (1949). Primizie del deserto (1952) segna poi un’importante svolta: con questa raccolta poetica Luzi riceve un importante riconoscimento letterario, il premio Carducci, e si allontana dalla poetica più prettamente ermetica. Tale è l’indirizzo delle raccolte successive: Onore del vero (1957), Nel magma (1963), Dal fondo delle campagne (1965), Su fondamenti invisibili (1971), Al fuoco della controversia (1978). Con Per il battesimo dei nostri frammenti (1985) si inaugura l’ultima stagione poetica luziana, caratterizzata dall’adozione di toni più prosastici, un notevole sperimentalismo linguistico, e un più sicuro affidamento alla verità cristiana. Si ricordino, di quest’ultimo capitolo poetico, le raccolte Frasi e incisi di un canto salutare (1990), Viaggio terreste e celeste di Simone Martini (1994), Sotto specie umana (1999) e Dottrina dell’estremo principiante (2004). In questo stesso anno è nominato senatore a vita dal presidente Ciampi.

Muore l’anno dopo nella sua casa di Firenze, il 28 febbraio. Lasciami, non trattenermi, ultima raccolta, è pubblicata postuma (2009). Anche se Luzi è ricordato principalmente per la sua produzione poetica, egli fu autore anche di testi teatrali, tra cui Libro di Ipazia (1978), Hystrio (1987), la teatralizzazione del Purgatorio dantesco La notte lava la mente (1990) e Il fiore del dolore (2003). Altrettanto feconda è stata la sua produzione saggistica: l’interesse del Luzi critico verte principalmente intorno allo studio della modernità letteraria, ma ammette frequenti incursioni anche nel Trecento italiano (Dante, Petrarca).

Intervista Rai Uno a Mario Luzi in occasione degli 80 anni

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  1. L’aderenza al reale da parte del poeta è riscontrabile nei passi in cui sono descritte le azioni quotidiane della donna. Individua nei versi interessati i vocaboli e/o le espressioni appartenenti a un registro colloquiale. Osserva eventualmente la frequenza di sonorità aspre e spiegane la funzione sul piano espressivo.
  2. Nella prima strofa, in cui prevale il taglio prosastico, compaiono figure retoriche a sottolineare sia la dimensione sublime del vivere, sia la centralità della parola poetica. Individuale e commentale.
  3. La poesia si conclude, in un clima di attesa e di preghiera, con una riflessione sul senso della vita: al taglio dialogico subentra una chiusura solenne, che pone in risalto il tema della religiosità dell’umano. Individua, distinguendoli, i passi interessati, e motiva la scelta.
  4. La poesia proposta di seguito, elaborata in un’epoca e in un contesto diversi rispetto a quella di Luzi, è di Edoardo Sanguineti: la Ballata delle donne, scritta nel gennaio 1985, fa parte di otto ballate datate 1982-1989. E’ composta da quattro sestine di versi endecasillabi e da un distico di congedo.

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra,
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

[da Il gatto lupesco. Poesie 1982-2001, Milano, Feltrinelli, 2002, p. 186]

Riguardo la rappresentazione del femminile istituisci un confronto con il testo luziano seguendo la traccia proposta di seguito:

 I temi:

    • dimensione individuale e universale/dimensione collettiva e storica;
    • opposizione femmina vs maschio e/o altre figure;
    • dialettica vita/morte, distruzione/generazione, pace/guerra;
    • il richiamo alla Madre Terra;
    • la posizione dell’io lirico nei confronti del “femminile”.

Le forme:

    • il metro scelto dai due poeti (con particolare attenzione per la dimensione dichiaratamente comunicativa, quasi da lauda, del testo di Sanguineti);
    • le figure di suono, di posizione e di significato presenti nei due testi (con particolare attenzione per le metonimie presenti nel testo di Sanguineti);
    • la sintassi (con particolare attenzione per la struttura non sempre lineare nel testo di Sanguineti;
    • il lessico (con particolare attenzione per la dimensione parlata e popolare nel testo di Sanguineti).

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Le poesie di Dal fondo delle campagne, anteriori a quelle confluite in Nel magma (1963), furono composte nel periodo 1956-’61, particolarmente doloroso per l’autore, segnato dalla morte della madre Margherita Papini (1959).

Le scelte espressive e tematiche della raccolta si collocano in un nuovo corso rispetto all’Ermetismo: la poesia di Luzi, in questa fase, si accosta infatti alla prosa, con un taglio più descrittivo e narrativo, un linguaggio meno evocativo e più colloquiale, una certa attenzione per le ambientazioni quotidiane. L’io lirico sembra aderire a un mondo reale rappresentato nella sua elementare sobrietà e grazia.

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  • Edoardo Sanguineti (a cura di), Mario Luzi, in Poesia italiana del Novecento. Volume secondo, Torino, Einaudi, 1969.
  • Alfredo Luzi, La vicissitudine sospesa. Saggio sulla poesia di Mario Luzi, Firenze, Vallecchi, 1968.
  • Claudio Scarpati, Mario Luzi, Mursia, Mursia, 1970.
  • Gaetano Mariani, Il lungo viaggio verso la luce, Liviana, Padova 1982.
  • Stefano Verdino (a cura di), L’opera poetica, Milano, Arnoldo Mondadori, 1998.
  • Mario Luzi, L’alta, la cupa fiamma. Poesie 1935-1985, Maurizio Cucchi, Giovanni Raboni (antologia a cura di), Milano, Rizzoli, 1990.
  • Lisa Rizzoli e Giorgio C. Morelli, Mario Luzi, Milano, Mursia, 1992.
  • Mario Luzi, Autoritratto, Paolo Andrea Mettel, S. Verdino (a cura di), Milano, Garzanti, 2007.
  • Mario Luzi, Teatro, Milano, Garzanti, 1993.
  • Mario Marchi, Invito alla lettura di Mario Luzi, Milano, Mursia, 1998.
  • Giuseppe Leonelli, Il lungo viaggio di Mario Luzi, in La poesia del pieno e del secondo Novecento, in Storia della Letteratura Italiana, diretta da E. Malato, Volume IX. Il Novecento. Parte II. Il Secondo Novecento, Salerno, Salerno Editrice, 2000.
  • Umberto Motta (a cura di), Mario Luzi oggi. Letture critiche a confronto, Novara, Interlinea, 2008.
  • Alberto Bertoni, La poesia contemporanea, Bologna, Il Mulino, 2012.
  • Anna Dolfi (a cura di), L’Ermetismo e Firenze. Atti del convegno internazionale di studi. Firenze 27-31 ottobre 2014. Luzi, Bigongiari, Parronchi, Bodini, Sereni, Volume II, Firenze, University Press, 2016.
  • Giusi Verbaro, La poesia che attraversa il millennio. Conversazione con Mario Luzi, in Le tracce del labirinto. Leggere e far leggere la poesia contemporanea, Caterina Verbaro (a cura di), Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2019, pp. 119-126.
  • https://www.treccani.it/enciclopedia/mario-luzi/
  • https://www.treccani.it/enciclopedia/mario-luzi_(Dizionario-Biografico)