Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste, da Enrico e da Meli Kontelj, di nazionalità slovena. Il lavoro del padre, dipendente delle ferrovie, conduce la famiglia in Lombardia: qui il giovane Danilo compie i primi studi. Dolci lascia Nomadelfia e si trasferisce in Sicilia, nel piccolo borgo marinaro di Trappeto (dove era già stato tra il ’40 e il ’41, per circa un mese, al seguito del padre), povero tra i poveri in una delle terre più misere e dimenticate del Meridione. Comincia, così, a essere tracciata una delle pagine più limpide e intense della difficile rinascita civile e democratica dell’Italia dalle macerie morali e materiali del fascismo e della seconda guerra mondiale. Dolci stesso parlerà di «continuazione della Resistenza, senza sparare». Il 14 ottobre 1952, sul letto di un bambino morto di fame, Danilo Dolci dà inizio al primo di numerosi digiuni, che daranno grande popolarità alle sue battaglie per il lavoro, per il pane, per la democrazia. Nel 1968 Iniziano i lavori al Borgo di Trappeto per la costruzione del “Centro di formazione”: ultimati in sette mesi. Profondamente rilevanti in tutto questo periodo i contributi di Carlo Levi, Bruno Zevi, Paolo Sylos Labini, Siro Bombardini. Il 2 febbraio del 1956 Danilo Dolci veniva arrestato mentre guidava un gruppo di braccianti a lavorare nella Trazzera vecchia, una strada nei pressi di Partinico abbandonata all’incuria dalle amministrazioni preposte. Al commissario di polizia che era intervenuto per interrompere quello Sciopero alla rovescia – chiamato così perché chi partecipa lavora gratuitamente realizzando opere di pubblica utilità –, Dolci rispose che il lavoro non è solo un diritto, ma per l’articolo 4 della Costituzione un dovere. L’accusa era di occupazione di suolo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale, e a Dolci e ai suoi collaboratori venne negata la libertà provvisoria. Nel corso degli anni intorno a Dolci, scrittore, attivista per la pace e pedagogista, si consolida una stima nazionale e internazionale. Nel 1957 gli viene attribuito in Unione Sovietica il Premio Lenin per la pace, che lui accetta pur dichiarando di non essere comunista. Con i soldi del premio si costituisce a Partinico il “Centro studi e iniziative per la piena occupazione”. In un lungo periodo iniziale – dal ’52 al ’56 – Danilo Dolci e un piccolo gruppo di volontari collaboratori si inserirono nel vivo della più tragica realtà siciliana, condividendo la vita quotidiana della parte più misera della popolazione locale. Questa esperienza diede frutti di sostanziale importanza su due diversi piani: da un lato, attraverso episodi che alcuni forse ricordano, richiamò l’attenzione dell’opinione pubblica italiana e mondiale su una cruda realtà da molti ignorata o mal conosciuta (il digiuno di Trappeto, lo “sciopero alla rovescia” sulla trazzera di Partinico, l’arresto di Danilo e dei sindacalisti, il relativo processo, ecc.); d’altro canto, permise a Danilo e al piccolo nucleo dei suoi amici e collaboratori di iniziare uno studio approfondito dell’ambiente che li circondava, cominciando ad individuare le componenti dei fenomeni economico-sociale di quelle zone e ad indagare con rigore sulle interferenze ed interdipendenze di manifestazioni e situazioni caratteristiche della Sicilia occidentale: arretratezza economica, disoccupazione e sottoccupazione, basso livello tecnico – culturale, difficoltà alla vita associativa, mafia. Cinquantadue anni fa, il 27 febbraio del 1963, dopo decine di denunce e mobilitazioni da parte di Danilo Dolci e dei suoi collaboratori, avevano inizio i lavori di costruzione della diga sul fiume Jato. Già completata in gran parte dopo appena cinque anni, diventerà – insieme al Consorzio democratico che ne gestiva l’acqua – uno dei simboli della battaglia per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione della Sicilia occidentale e dell’impegno contro l’influenza mafiosa sul territorio. Il 25 marzo 1970 da Partinico, piccolo centro della Sicilia occidentale, trasmette la prima radio libera in Italia. È una voce clandestina che denuncia le condizioni di degrado in cui versavano le zone della Valle del Belìce, dello Jato e del Carboi a due anni dal devastante terremoto del 15 gennaio 1968, protestando contro il disimpegno dello Stato e gli sprechi di denaro pubblico nella ricostruzione: «si marcisce di chiacchiere e di ingiustizie, la Sicilia muore». Barricati nei locali del “Centro studi ed iniziative” ci sono due collaboratori di Danilo Dolci, Franco Alasia e Pino Lombardo, che trasmettono più volte un programma dalla durata totale di quattro ore, tradotto anche in inglese per poter essere compreso anche all’estero: è la Radio Libera, poi ribattezzata anche RADIO DEI POVERI CRISTI. La trasmissione prosegue per 26 ore, finché le Forze dell’Ordine irrompono nell’edificio, sequestrando la radio e fermando i responsabili. Da tutto il mondo arrivano centinaia di messaggi di solidarietà e di adesione all’iniziativa.
Il Centro per lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci” è un’associazione non profit che nasce dall’esperienza di lavoro sociale ed educativo di Danilo Dolci.
All’alba del 30 dicembre, al termine di una dolorosa malattia che, senza fiaccarne lo spirito, lo aveva fisicamente prostrato e costretto a lunghi ricoveri ospedalieri, Danilo Dolci si spegne, stroncato da un infarto: tra Partinico e Trappeto, in quella terra di «banditi» e di «industriali», di contadini e pescatori senza voce, che quarantacinque anni prima aveva scelto per avviare la sua difficile, lunga battaglia