Il pianto della scavatrice (vv. 15-57)

Annoiato, stanco, rincaso, per neri

piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti

agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare

ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri – in tuta o coi calzoni

di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori

chiacchierano in piedi con voci
alte nella notte, qua e là, ai tavolini
dei locali ancora lucenti e semivuoti.

Stupenda e misera città,
che m’hai insegnato ciò che allegri e feroci
gli uomini imparano bambini,

le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa

delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato

con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d’estate;

a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire

che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono

fratelli proprio nell’avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi

vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare

esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognun, era il mondo.

Pier Paolo Pasolini

Le ceneri di Gramsci

Nota generale al testo Bibliografia critica
Itinerari #borgate , #lavoro , #Roma
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Il pianto della scavatrice


Il pianto della scavatrice è un componimento poetico scritto da Pier Paolo Pasolini nel 1956 e pubblicato l’anno successivo sulla rivista “Il Contemporaneo”.
E’ inserito tra i componimenti che appartengono all’opera “Le ceneri di Gramsci”; questa raccolta poetica è uno dei lavori più celebri di Pasolini e rappresenta una fusione di lirismo personale e impegno civile, in cui il poeta esplora temi sociali, politici ed esistenziali.

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Bologna, 5 marzo 1922 – Ostia, 2 novembre 1975

Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna, il 5 marzo 1922, da Susanna Colussi, maestra elementare, e Carlo Alberto Pasolini, ufficiale di carriera.

Si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna laureandosi, nel 1945, con una tesi su Giovanni Pascoli.

Agli anni Quaranta risalgono i primi esperimenti letterari di Pasolini, che sfociano nella pubblicazione, ben accolta dal pubblico e dalla critica, di Poesie a Casarsa (1942). Nel 1943, a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale, con Susanna e il fratello minore Guido egli si trasferisce a Casarsa, in Friuli, paese d’origine della madre, dove la famiglia aveva sino a quel momento trascorso tutte le estati e dove il padre, prigioniero in Africa, li raggiungerà solo nel 1945. Dal contesto rurale e contadino di Casarsa Guido partirà per unirsi ai partigiani, perdendo la vita nel noto eccidio di Porzûs (1945).

A causa dell’accusa di atti osceni in luogo pubblico e corruzione di minori, Pasolini, nel gennaio del 1950, decide di fuggire con la madre da Casarsa per riparare a Roma. Si apre così, tra difficoltà economiche e lavori saltuari, la fase romana dell’autore che, entrato in contatto con le realtà sottoproletarie delle borgate, scrive i due romanzi Ragazzi di vita(1955) e Una vita violenta (1959). Di questo periodo è anche la raccolta poetica Le ceneri di Gramsci (1957).

Sperimentatore dei più disparati generi artistici, scrittore, intellettuale e regista, Pasolini riflette sulla poesia dialettale nelle due antologie Poesia dialettale del Novecento (1952, con Mario Dell’Arco) e il Canzoniere italianoAntologia della poesia popolare (1955) e, nel 1953, fonda con gli amici Alberto Moravia e Alberto Carocci la rivista «Officina». Stretto nei confini di una letteratura troppo distante dal popolo, decide di volgersi al cinema. Tra i maggiori film, dunque, Accattone (1961), Mamma Roma (1962), Il Vangelo secondo Matteo (1964), Uccellacci e uccellini (1966), Edipo re(1967), Teorema (1968), Medea (1969) fino alla Trilogia della vita (Decameron, 1971; I racconti di Canterbury, 1972; Il fiore delle Mille e una Notte, 1974) e al postumo Salò o le 120 giornate di Sodoma (1976).

Nonostante la carriera da regista, Pasolini non abbandona la letteratura: agli anni Sessanta e Settanta risalgono infatti le raccolte La religione del mio tempo (1961), Poesia in forma di rosa (1964), Trasumanar e organizzar (1971) e l’avvio del postumo e incompleto Petrolio (1992). Del 1962 è poi il romanzo Il sogno di una cosa e del 1965 la sperimentazione di Alì dagli occhi azzurri. La sua intensa attività di giornalista presso il «Corriere della Sera» e sulle riviste «Tempo illustrato», «Il Mondo», «Nuova Generazione» e «Paese Sera» è raccolta negli Scritti corsari (1975) e nelle Lettere Luterane (1976).

Pier Paolo Pasolini muore di morte violenta, a Ostia, il 2 novembre 1975.

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D. D’Alessandro, Pasolini. Ritratti di pensiero, Milano, Feltrinelli, 2022.
F. Fortini, Attraverso Pasolini, Milano, Einaudi, 1993.
I. Moscati, Pier Paolo Pasolini, Vivere e sopravvivere, Roma, Castelvecchi, 2022.
N. Naldini, Pasolini. Una vita, Milano, Einaudi, 1989.
W. Siti, Quindici riprese. Cinquant’anni di studi di Pasolini, Milano, Rizzoli, 2022.