Infanzia. Storia di Don Achille

a cura di Caterina Verbaro

Era stata colpa sua. In un tempo non troppo distante – dieci giorni, un mese, chi lo sa, ignoravamo tutto del tempo, allora – mi aveva preso la bambola a tradimento e l’aveva buttata in fondo a uno scantinato. Ora stavamo salendo verso la paura, allora ci eravamo sentite obbligate a scendere, e di corsa, verso l’ignoto. In alto, in basso, ci pareva sempre di andare incontro a qualcosa di terribile che, pur esistendo da prima di noi, era noi e sempre noi che aspettava. Quando si è al mondo da poco è difficile capire quali sono i disastri all’origine del nostro sentimento del disastro, forse non se ne sente nemmeno la necessità. I grandi, in attesa di domani, si muovono in un presente dietro al quale c’è ieri o l’altro ieri o al massimo la settimana scorsa: al resto non vogliono pensare. I piccoli non sanno il significato di ieri, dell’altro ieri, e nemmeno di domani, tutto è questo, ora: la strada è questa, il portone è questo, le scale sono queste, questa è mamma, questo è papà, questo è il giorno, questa la notte. Io ero piccola e a conti fatti la mia bambola sapeva più di me. Le parlavo, mi parlava. Aveva una faccia di celluloide con capelli di celluloide e occhi di celluloide. Indossava un vestitino blu che le aveva cucito mia madre in un raro momento felice, ed era bellissima. La bambola di Lila, invece, aveva un corpo di pezza gialliccia pieno di segatura, mi pareva brutta e lercia. Le due si spiavano, si soppesavano, erano pronte a scappare tra le nostre braccia se scoppiava un temporale, se c’erano i tuoni, se qualcuno più grande e più forte e coi denti aguzzi le voleva ghermire.
Giocavamo nel cortile, ma come se non giocassimo insieme. Lila era seduta per terra, da un lato della finestrella di uno scantinato, io dall’altro. Ci piaceva, quel posto, innanzitutto perché potevamo disporre, sul cemento tra le sbarre dell’apertura, contro il reticolo, sia le cose di Tina, la mia bambola, sia quelle di Nu, la bambola di Lila. Ci mettevamo sassi, tappi di gassosa, fiorellini, chiodi, schegge di vetro. Ciò che Lila diceva a Nu io lo captavo e lo dicevo a voce bassa a Tina, ma modificandolo un po’. Se lei prendeva un tappo e lo metteva in testa alla sua bambola come se fosse un cappello, io dicevo alla mia, in dialetto: Tina, mettiti la corona di regina se no prendi freddo. Se Nu giocava a campana in braccio a Lila, io poco dopo facevo fare lo stesso a Tina. Ma non succedeva ancora che concordassimo un gioco e cominciasse una collaborazione. Persino quel posto lo sceglievamo senza accordo. Lila andava lì, e io girellavo, fingevo di andare da un’altra parte. Poi, come se niente fosse, mi disponevo anch’io accanto allo sfiatatoio, ma dal lato opposto.
La cosa che ci attraeva di più era l’aria fredda dello scantinato, un soffio che ci rinfrescava in primavera e d’estate. Poi ci piacevano le sbarre con le ragnatele, il buio, e il reticolo fitto che, rossastro di ruggine, si arricciolava sia dal lato mio che da quello di Lila, creando due spiragli paralleli attraverso i quali potevamo far cadere nell’oscurità sassi e ascoltarne il rumore quando toccavano terra. Tutto era bello e pauroso, allora. Attraverso quelle aperture il buio poteva prenderci all’improvviso le bambole, a volte al sicuro tra le nostre braccia, più spesso messe di proposito accanto al reticolo ritorto e quindi esposte al respiro freddo dello scantinato, ai rumori minacciosi che ne venivano, ai fruscii, agli scricchiolii, al raspare.
Nu e Tina non erano felici. I terrori che assaporavamo noi ogni giorno erano i loro. Non ci fidavamo della luce sulle pietre, sulle palazzine, sulla campagna, sulle persone fuori e dentro le case. Ne intuivamo gli angoli neri, i sentimenti compressi ma sempre vicini a esplodere. E attribuivamo a quelle bocche scure, alle caverne che oltre di loro si aprivano sotto le palazzine del rione, tutto ciò che ci spaventava alla luce del giorno. Don Achille, per esempio, era non solo nella sua casa all’ultimo piano ma anche lì sotto, ragno tra i ragni, topo tra i topi, una forma che assumeva tutte le forme. Lo immaginavo a bocca aperta per via di lunghe zanne d’animale, corpo di pietra invetriata ed erbe velenose, sempre pronto ad accogliere in un’enorme borsa nera tutto ciò che lasciavamo cadere dagli angoli divelti del reticolo. Quella borsa era un tratto fondamentale di don Achille, ce l’aveva sempre, an che in casa sua, e ci metteva dentro materia viva e morta.
Lila sapeva che avevo quella paura, la mia bambola ne parlava ad alta voce. Per questo, proprio nel giorno in cui senza nemmeno contrattare, solo con gli sguardi e i gesti, ci scambiammo per la prima volta le nostre bambole, lei, appena ebbe Tina, la spinse oltre la rete e la lasciò cadere nell’oscurità.

[…]

Ci vedevamo in cortile sempre più spesso. Ci mostravamo le nostre bambole ma senza darlo a vedere, l’una nei dintorni dell’altra, come se fossimo da sole. A un certo punto le facemmo incontrare per prova, per vedere se andavano d’accordo. E così arrivò il giorno che stavamo accanto alla finestra dello scantinato col reticolo scollato e facemmo uno scambio, lei tenne un po’ la mia bambola e io un po’ la sua, e Lila di punto in bianco fece passare Tina attraverso l’apertura nella rete e la lasciò cadere.
Provai un dolore insopportabile. Tenevo alla mia bambola di celluloide come alla cosa più preziosa che avessi. Lo sapevo che Lila era una bambina molto cattiva, ma non mi sarei mai aspettata che mi facesse una cosa così malvagia. Per me la bambola era viva, saperla in fondo allo scantinato, in mezzo alle mille bestie che ci vivevano, mi gettò nella disperazione. Ma in quell’occasione imparai un’arte in cui poi sono diventata molto brava. Trattenni la disperazione, la trattenni sul bordo degli occhi lucidi, tanto che Lila mi disse in dialetto:
«Non te ne importa?»
Non risposi. Provavo un dolore violentissimo, ma sentivo che più forte ancora sarebbe stato il dolore di litigare con lei. Ero come strozzata da due sofferenze, una già in atto, la perdita della bambola, e una possibile, la perdita di Lila. Non dissi nulla, feci solo un gesto senza dispetto, come se fosse naturale, anche se naturale non era e sapevo che stavo rischiando molto. Mi limitai a gettare nello scantinato la sua Nu, la bambola che mi aveva appena dato.
Lila mi guardò incredula.
«Quello che fai tu, faccio io» recitai subito ad alta voce, spaventatissima.
«Adesso me la vai a prendere».
«Se tu vai a prendere la mia».
Andammo insieme. […]

Elena Ferrante

L’amica geniale

Nota generale al testo Bibliografia critica
Interazioni
×

Caterina Verbaro


Caterina Verbaro, professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea all’Università Lumsa di Roma, è membro del Consiglio Direttivo della MOD – Società per lo studio della Modernità letteraria e fa parte del Comitato Direttivo di «Oblio». Tra i suoi libri Pasolini. Nel recinto del sacro (2017); I margini del sogno. La poesia di Lorenzo Calogero (2011), La cognizione della pluralità. Letteratura e conoscenza in Carlo Emilio Gadda, Firenze (2005); Italo Svevo1(997); Dal Neorealismo alla Neoavanguardia, (con G. Luti, 1995). Ha curato il libro sulla didattica della poesia di G. Verbaro, Le tracce nel labirinto. Leggere e far leggere la poesia contemporanea (2019); la raccolta di saggi Pasolini e le periferie del mondo (con P. Martino, 2016); gli Atti del convegno Mod La funzione Dante e i paradigmi della modernità (con P. Bertini Malfarini e N. Merola, 2014); la raccolta di Lorenzo Calogero Avaro nel tuo pensiero (con M. Sechi, 2014); la miscellanea di studi Visitare la letteratura. Studi per Nicola Merola (con G. Lo Castro e E. Porciani, 2014).

Andammo insieme.


C’è in tutto questo brano una forte dinamica spaziale. Si riportino le espressioni relative alla rappresentazione dello spazio e si facciano poi delle considerazioni su questa percezione soggettiva dello spazio.

per vedere se andavano d’accordo.


Esercizio di riscrittura descrittiva: allestire un “catalogo della memoria” scegliendo un giocattolo della propria infanzia e descrivendolo quanto più precisamente possibile. Nel corso della descrizione si inseriscano anche dettagli sulla propria relazione con quel giocattolo (mi piaceva perché…, quello che mi piaceva di più…, ci giocavo da solo/con altri…).

la lasciò cadere nell’oscurità.


Esercizio di riscrittura narrativa: si racconti il ricordo di un preciso momento dell’infanzia legato a un gioco, tenendo presenti:
- lo spazio e il tempo (dove e in quale tempo si svolge)
- i personaggi (chi è presente sulla scena e con quale ruolo)
- l’atmosfera complessiva (tempo meteorologico e altri dettagli memoriali)
- l’evento
Come nel brano analizzato, nel racconto si utilizzi la doppia modalità narrativa del discorso iterativo (all’imperfetto, qualcosa che avviene regolarmente o più volte o spesso) e del discorso singolativo (qualcosa che avviene in un determinato momento e che interrompe il flusso normale degli eventi).

ad alta voce.


L’espressione “la mia bambola ne parlava ad alta voce” ci fa capire la funzione di proiezione di sé che le bambine assegnano alla propria bambola. In quali altri passaggi del testo possiamo notare qualcosa di simile?

e ci metteva dentro materia viva e morta.


Don Achille. Come viene rappresentato? Perché la sua metamorficità è spaventosa? A cosa pensi che alluda la sua enorme borsa nera?

raspare.


Lo scantinato visto dalle bambine? Cosa le affascina?

ma dal lato opposto.


Come giocano le due bambine? Come avviene l’accordo sul gioco? Che cosa fanno con le bambole? Si risponda alle domande e poi si sintetizzi in tre righi questo secondo paragrafo appena letto.

le voleva ghermire.


Rappresentazione delle due bambole delle protagoniste Elena e Lila. Se ne osservino i caratteri opposti.

Bambola di Elena:

Bambola di Lila:

mi pareva brutta e lercia.


Storia delle bambole. Si faccia una ricerca icnografica sulla storia di questo giocattolo dall’antichità a oggi.

questa la notte.


Si evidenzino le espressioni relative alla percezione del tempo nell’infanzia e se ne sintetizzi il senso.

spaventatissima


La scomparsa della bambola è un topos ricorrente nella narrativa di Elena Ferrante. L'autrice ha raccontato che la stessa ideazione della tertalogia dell'Amica geniale nasce dalla sparizione della bambola al centro del romanzo "La figlia oscura". Si riporta di seguito uno dei passaggi relativi a questo evento: "Dovevo aver avuto una di quelle ondate di pena
che mi prendevano fin da piccola, senza una ragione evidente, per
persone, animali, piante, cose. La spiegazione mi piacque, mi sembrò
alludere a qualcosa di intrinsecamente nobile. Era stata una spinta
irriflessiva al soccorso, pensai. Nena, Nani, Nennella o come si chiamava. L'ho vista abbandonata nella rena, scomposta, col viso mezzo coperto come se stesse per soffocare, e l'ho tirata via. Una reazione infantile, niente di speciale, non si cresce mai davvero. Decisi che il giorno dopo l'avrei restituita. Andrò in spiaggia prestissimo, la ficcherò sotto la sabbia proprio nel punto dove Elena l'ha abbandonata, farò in modo che la ritrovi lei stessa. Giocherò un poco con la bambina e poi dirò che c'è qui, guarda, scviamo. Mi sentii quasi contenta. […] Cos'è una banbola per una bambina. Ne avevo avuto una con bei capelli a boccoli, me ne occupavo molto, non l'avevo mai persa. Si chimava Mina, mia madre diceva che il nome gliel'avevo dato io. Mina, mammina (pp. 41-43)

e Lila di punto in bianco fece passare Tina...


L'episodio entro cui si colloca questo brano apre la prima stagione della serie TV "L'amica geniale". Si rimanda a cap. 1, min. 41-45.24

Ci vedevamo in cortile sempre più spesso.


Si osservi come i due paragrafi qui riportati riprendano la medesima scena, secondo quel tipico andamento a spirale che caratterizza la struttura dell'Amica geniale.

la mia bambola


Il tema della bambola è al centro di un libro per bambini, nato da una costola de "La figlia oscura", "La spiaggia di notte", con le suggestive illustrazioni di Mara Cerri:

ignoravamo tutto del tempo, allora


Si osservi come la rappresentazione viene condotto adottando il punto di vista dei bambini, evidente nell'assenza della dimensione cronologica complessa.

salendo verso la paura


La fugurazione allude, come si capirà proseguendo nella lettura, alla situazione della salita lungo le scale che conducono a casa di Don Achille.

Infanzia. Storia di Don Achille


Critica

  • T. De Rogatis, Elena Ferrante. Parole chiave, Roma, e/o, 2018. Paragrafo L’amicizia femminile come creatività, pp. 60-63
    • "L’episodio delle bambole inaugura e consacra l’amicizia tra le due bambine. La bambola rappresenta il femminile, la madre, la figlia, l’amica, e la sua forza creatrice e trasformativa."

Lila sapeva che avevo quella paura


Comprensione e analisi del testo

Capoverso 5

  • Lo scambio delle bambole avviene in base a un patto esplicito tra le bambine?
  • L’espressione “la mia bambola ne parlava ad alta voce” ci fa capire la funzione di proiezione di sé che le bambine assegnano alla propria bambola. In quali altri passaggi del testo possiamo notare qualcosa di simile?

Nu e Tina non erano felici.


Comprensione e analisi del testo

Capoverso 4

  • Come vengono definiti gli scantinati sotto le case?
  • Don Achille. Come viene rappresentato?
  • Perché la sua metamorficità è spaventosa?
  • A cosa pensi che alluda la sua enorme borsa nera?

La cosa che ci attraeva


Comprensione e analisi del testo

Capoverso 3

  • Lo scantinato visto dalle bambine? Cosa le affascina?
  • Alcune espressioni del testo operano una personificazione, quali? Che considerazioni possiamo fare su tali personificazioni? Hanno a che fare col punto di vista infantile che caratterizza il brano? Perché?
  • Il brano è ricco di rumori. Si sottolineino le espressioni che hanno a che fare con l’area semantica del suono/rumore

Giocavamo nel cortile


Comprensione e analisi del testo

Capoverso 2

  • Come giocano le due bambine? Come avviene l’accordo sul gioco? Che cosa fanno con le bambole? Si risponda alle domande e poi si sintetizzi in tre righi il secondo paragrafo

Era stata colpa sua


Comprensione e analisi del testo

Capoverso 1

  • Si evidenzino le espressioni relative alla percezione del tempo nell’infanzia e se ne sintetizzi il senso:
  • Rappresentazione delle due bambole delle protagoniste Elena e Lila. Se ne osservino i caratteri opposti:
    • Bambola di Elena: 
    • Bambola di Lila:

×

Napoli, 5 aprile 1943

Elena Ferrante è autrice di numerosi romanzi di successo. Ha esordito nel 1992 con la pubblicazione di L’amore molesto, che ha ispirato l’omonimo film di Martone. Dopo I giorni dell’abbandono (2002), e La figlia oscura (2006), si è dedicata alla stesura dei romanzi che l’hanno resa famosa anche all’estero: è il ciclo de L’amica geniale (da cui è stata tratta una serie tv), che si apre con il romanzo omonimo del 2011 e si chiude con Storia della bambina perduta (2014). Si ricorda, tra le pubblicazioni più recenti, La vita bugiarda degli adulti (2019).

×

Comprensione e analisi del testo

  • C’è in tutto questo brano una forte dinamica spaziale. Si riportino le espressioni relative alla rappresentazione dello spazio e si facciano poi delle considerazioni su questa percezione soggettiva dello spazio
    • Considerazioni e commenti
  • Si osservi la struttura circolare del capitolo: con quale evento si apre e si chiude?
  • Qual è il tempo verbale più ricorrente nel capitolo?
    • Passato remoto
    • Presente
    • Imperfetto

Ciò significa che il brano racconta in prevalenza un evento puntuale o eventi continuativi?

Attualizzazione e riscrittura

Scrittura Narrativa

Si racconti il ricordo di un preciso momento dell’infanzia legato a un gioco, tenendo presenti:

  • lo spazio e il tempo (dove e in quale tempo si svolge)
  • i personaggi (chi è presente sulla scena e con quale ruolo)
  • l’atmosfera complessiva (tempo meteorologico e altri dettagli memoriali)
  • l’evento

Come nel brano analizzato, nel racconto si utilizzi la doppia modalità narrativa del discorso iterativo (all’imperfetto, qualcosa che avviene regolarmente o più volte o spesso) e del discorso singolativo (qualcosa che avviene in un determinato momento e che interrompe il flusso normale degli eventi)

Scrittura descrittiva

Il catalogo della memoria. Si scelga un giocattolo della propria infanzia e lo si descriva quanto più precisamente possibile. Nel corso della descrizione si inseriscano anche dettagli sulla propria relazione con quel giocattolo (mi piaceva perché…, quello che mi piaceva di più…, ci giocavo da solo/con altri…)

Ricerca

Storia delle bambole. Si faccia una ricerca iconografica sulla storia di questo giocattolo dall’antichità a oggi.

×

Critica

×

  • S. Milkova, Mother, daughters, dolls: on disgust in “The Lost Daughter di Elena Ferrante” in Italian Culture, XXXI, 2, 2013.
  • I. Pinto, Elena Ferrante – Poetiche e politiche della soggettività, Milano, Mimesis Edizioni, 2020.
  • T. de Rogatis, Elena Ferrante. Parole chiave, Roma, Edizioni e/o, 2018.
  • T. de Rogatis, Metamorfosi del tempo. Il ciclo dell’Amica geniale, in Allegoria73, anno XXVIII, terza serie, numero 73, gennaio/giugno 2016.
  • V. Scarinci, Il libro di tutti e di nessuno – Elena Ferrante, un ritratto delle italiane del XX secolo, Roma, Iacobelli Editore, 2020.
  • G. Traina e M. Panetta, (a cura di), Nuove ricerche su Elena Ferrante, Roma, Diacritica Edizioni, 2019.
  • C. Verbaro, “Di Elsa Morante ho molte parole in testa”. Percorsi di formazione nell’Isola di Arturo e nell’Amica geniale in “Contemporanea” – Rivista di studi sulla letteratura e sulla comunicazione, 18-2020, Fabrizio Serra Editore.