Tutte le città puzzano d’estate

a cura di Daniela Marro

Caricò i muscoli. Non appena i due veicoli furono passati, si scagliò in avanti. Sentì la morte nello spostamento d’aria non ancora disperso sull’asfalto. Attraversò la strada. Si inoltrò tra i cespugli di lavanda. Alle sue spalle ora sfrecciavano altri veicoli. Iniziò a correre nell’erba secca. Era stremata. Il pelo ridotto a un’informe massa grigio scuro. Emanava un fetore nauseabondo. E aveva fame.

Nei giorni precedenti, la gatta se n’era andata sbandando per le strade della città. Mischiata con frammenti di odori familiari, aveva sentito nell’aria una brutalità così ottusa da restarne stordita. Grandi buste d’immondizia. Il ferro inerte delle auto parcheggiate. E voci, frastuono ovunque.

Man mano che aveva superato le ultime zone periferiche, la familiarità si era ridotta insieme con la speranza di ritrovare la via di casa. Un diverso tipo di brutalità riduceva lo spazio per qualunque cosa non fosse la sopravvivenza. Anziché confonderla, la manteneva tesa. Affinava i sensi. Ciò che arrivava alle narici si poteva scomporre in una miriade di nuove suggestioni. Spaventose, inebrianti, ognuna carica di sfumature che aspettavano di venire decifrate.

Nonostante fosse in salvo, la gatta continuò a correre lungo la curva del campo illuminato dalla luna. Vedeva sui lati gli alberi di gelso. Poi i meli. Nere presenze che irradiavano energia. A un certo punto qualcosa sfrecciò sul lato destro. Una scura massa corporea in avvicinamento. Scartò sulla sinistra, inghiottita dal buio. Riprese a tallonarla. La parte della gatta che possedeva memoria della cattività lo interpretò come un invito al gioco. Poi c’era l’altra parte. Allora, senza sapere perché, puntò un melo che troneggiava nella massa indistinta di erbacce. Accelerò. Fece un’improvvisa inversione di marcia in modo che l’inseguitore avesse l’albero alle spalle.

Entrambi gli animali si arrestarono. Si acquattarono uno di fronte all’altro. A dividerli, non più di dieci metri.

Il topo di fogna la mise a fuoco coi suoi occhietti. Gli incisivi erano così grossi da costringerlo a tenere la bocca semiaperta. Le si scagliò contro. Prima che potesse azzannarla, la gatta saltò in alto, lambì il corpo del topo, e quando ricadde sull’erba aveva gli artigli fuori dalle guaine. Adesso era lei ad avere lo svantaggio dell’albero alle spalle. Si gonfiò tutta. Il topo si sollevò sugli arti posteriori. Ma era ferito. La gatta si portò la zampa destra sul muso, la leccò. Fu quello a rovesciare definitivamente la prospettiva. Il sapore del sangue la sconvolse. Tutta la parte che stava sotto venne sopra, senza spazio per nient’altro. Si scagliò in avanti. Il topo a propria volta si lanciò contro di lei, la bocca aperta per uccidere. Con estrema precisione, gli artigli della gatta attraversarono diagonalmente gli occhi del roditore. Il topo si ribaltò su un fianco. Il felino gli fu addosso. Affondò i denti nella dura pelle del collo. Mentre lottava sapeva, sapeva e ricordava al tempo stesso. Il topo squittiva disperatamente. Nella gola della gatta gorgogliò qualcosa di denso e profondo. Aveva trovato la vena. Era eccitata, elettrica. Lo sentì dare l’ultimo sussulto sotto i raggi della luna.

Tratto da: Nicola Lagioia, La ferocia, Einaudi, Torino, 2016, pp. 399-40.

Nicola Lagioia

La ferocia

Nota generale al testo Bibliografia critica
Itinerari #gatta , #sangue , #topo
×

Daniela Marro


Daniela Marro (Latina, 1966) è docente presso il Liceo Scientifico "F. Severi" di Frosinone e Cultrice della Materia presso il Dipartimento di Scienze Umane della LUMSA di Roma. Laurea in Lettere nel 1992 presso «La Sapienza» di Roma e Dottorato di Ricerca in Studi Storici di Letteratura Italiana nel 1998 presso «Roma Tre». Tra le sue pubblicazioni: L’officina di D’Arrigo. Giornalismo e critica d’arte alle origini di un caso letterario (Comune di Alì Terme, Messina, 2002); saggi su rivista «Quaderni di Italianistica», «Letteratura & Arte», «L’Illuminista», «Rivista di Studi Italiani») e volumi miscellanei, fra cui Cinema nostrum. Registi, attori e professionisti ciociari del cinema (Teseo, Frosinone, 2010) e La grande magia. Mondo e oltremondo nella narrativa di Giuseppe Occhiato (Studium, Roma, 2015). Negli ultimi anni ha partecipato ai seguenti convegni: Mod nel 2014, 2015, 2017 e 2018, 2021 e 2022 (con contributi agli atti); “Crescere in poesia” presso la LUMSA di Roma nel 2019 e nel 2021. Ha collaborato dal 2011 a tutt’oggi con «O.b.l.i.o.» e dal 2012 al 2019 con Pearson nell’editoria scolastica (apparati e percorsi didattici a corredo dei manuali di letteratura italiana di G. Baldi per Paravia e G. Langella per B. Mondadori; fascicolo A lezione con “Il Corriere” per Paravia). Figura nel gruppo di ricerca e redazione della piattaforma Diletteratura e tra i referenti Mod Scuola per il Lazio.

Tutte le città puzzano d’estate


Di notte, nella periferia della città, la gatta di Michele, sfuggita alla sua custodia, si aggira in cerca di cibo in prossimità di una strada. Il felino corre fra cespugli e alberi fino a quando non si imbatte in un topo; dopo averne accuratamente studiato le mosse, lo uccide azzannandolo alla gola.
La prosa del brano - una digressione dal taglio descrittivo, particolarmente curata sul piano stilistico - presenta un andamento paratattico e un registro medio. La voce narrante, come in tutto il romanzo, è eterodiegetica; qui si focalizza, assumendone il punto di vista, sull’animale protagonista della scena.

sangue


Nel romanzo La Storia (1974) di Elsa Morante la digressione sulla gatta di Pietralata presenta un passo utile per un generale confronto con il brano del romanzo di Lagioia e interessante per il ricorrere dell’elemento del sangue: «Aveva la pelliccetta logora, ingiallita e zozza, come una gatta vecchia; e il corpo così macilento che al posto dei fianchi, adesso che non era più incinta, le restavano due buchi. La sua coda era ridotta a uno spago; e il suo muso era diventato un triangolo acuto, con gli orecchi enormi, gli occhi dilatati e la bocca semiaperta che mostrava i denti. S’era fatta ancora più piccola di prima; e somigliava, nell’espressione del muso, a certi borsaioli abbrutiti, che invecchiati non fanno che guardarsi da tutti gli altri viventi, non avendo conosciuto che l’odio. Dapprincipio andò ad acquattarsi sotto un banco, ma siccome i ragazzini si forzavano a stanarla di là sotto, schizzò via, e con un balzo del suo corpo scheletrito raggiunse la cima della catasta, dove rimase appollaiata come un gufo. Stava in guardia, con gli orecchi indietro e gli occhioni iniettati di sangue che fissavano in basso minacciosi. E ogni tanto soffiava, convinta di presentarsi, a quel modo, come un essere terrificante, da fare indietreggiare il mondo intero. In quel momento il suo istinto fu attratto da qualcosa che si muoveva là in basso a mezz’aria, verso l’angolo dei Mille. Fu lei la prima che se ne accorse, e immediatamente fu già troppo tardi per prevenirla. La sua velocità fu tale, che lì per lì si ebbe l’impressione di un raggio rosso che tagliasse l’aria di sbieco; quando già, in luogo dei due canarini in volo, essa aveva lasciato in terra due straccetti sanguinolenti.» (Elsa Morante, La Storia, Cesare Garboli (introduzione di), Torino, Einaudi, 1995, p. 258). Più avanti, a proposito della «strage dei canarini» si pone in risalto proprio l’elemento del sangue: «Frattanto Useppe, dinanzi a quei mazzetti di piume spente e sanguinose, s’era fatto pallido e gli tremava il mento […]. Le donne, per la ripugnanza di toccare il sangue, non ebbero cuore di raccattarli da terra, e li spinsero fuori in instrada con la scopa.» (p. 259).

prospettiva


Qui il termine può alludere alla prospettiva del racconto stesso, che, condotto in terza persona, si focalizza sui protagonisti della scena attraverso precisi elementi testuali. Quali? Osserva attentamente il passo «Affondò i denti…i raggi della luna». Analogamente, anche la precedente affermazione «la mise a fuoco» può alludere alla stessa dimensione narrativa.

topo di fogna


Anche in questo passo le azioni della gatta sono rese attraverso vocaboli ed espressioni riferiti all’ambientazione (la campagna in prossimità della strada). Quali sono?

gli animali


Adesso il lettore apprende che si tratta di un altro animale: quale?

Si acquattarono


Il verbo che indica l’azione è ora riferito precisamente al mondo animale.

Fece un’improvvisa inversione di marcia in modo...


Anche in questo passo le azioni della gatta sono rese attraverso vocaboli ed espressioni riferiti all’ambientazione (la campagna in prossimità della strada). Quali sono?

Una scura massa corporea in avvicinamento


Ricorre il sostantivo massa per indicare un animale, anche qui non distintamente connotato: perché?

sotto i raggi della luna


Quale funzione ha, in chiusura, il riferimento alla luna?

Tutta la parte che stava sotto venne sopra, senza...


Qual è il significato della frase? Prova a riscriverla utilizzando altri vocaboli e/o espressioni.

Il sapore del sangue


Confronta la descrizione della gatta e la rappresentazione della scena proposte nel brano con il passo (tratto da La Storia di Elsa Morante) riportato in Marginalia rilevando eventuali analogie e differenze, elementi ricorrenti, parole-chiave o altro.

guaine


Il sostantivo qui utilizzato appartiene all’ambito specifico, ovvero la descrizione dell’animale? Rispondi dopo aver effettuato una ricerca sul dizionario.

lambì


Il verbo qui utilizzato è di uso comune? Rispondi dopo aver effettuato una ricerca sul dizionario.

Il topo di fogna


La descrizione della città di Marozia (ne Le città invisibili di Italo Calvino) presenta la figura del topo, con tutta la sua valenza simbolica negativa in opposizione con il significato positivo della rondine:

Una Sibilla, interrogata sul destino di Marozia, disse: – Vedo due città: una del topo, una della rondine.

L’oracolo fu interpretato così: oggi Marozia è una città dove tutti corrono in cunicoli di piombo come branchi di topi che si strappano di sotto i denti gli avanzi caduti dai denti dei topi più minacciosi; ma sta per cominciare un nuovo secolo in cui tutti a Marozia voleranno come le rondini nel cielo d’estate, chiamandosi come in un gioco, esibendosi in volteggi ad ali ferme, sgombrando l’aria da zanzare e moscerini. – È tempo che il secolo del topo abbia termine e cominci quello della rondine, – dissero i più risoluti. E di fatto già sotto il torvo e gretto predominio topesco si sentiva, tra la gente meno in vista, covare uno slancio da rondini, che puntano verso l’aria trasparente con un agile colpo di coda e disegnano con la lama delle ali la curva d’un orizzonte che s’allarga.

[…]

L’oracolo sbagliava? Non è detto. Io lo interpreto in questo modo: Marozia consiste di due città: quella del topo e quella della rondine; entrambe cambiano nel tempo; ma non cambia il loro rapporto: la seconda è quella che sta per sprigionarsi dalla prima.

 (I. Calvino, Le città nascoste. 3, in Le città invisibili, Torino, Einaudi, 1972)

Pensi che nel brano proposto dal romanzo di Lagioia il topo sia stato rappresentato allo stesso modo? Motiva la risposta in base ai due testi che poni a confronto.

La parte della gatta che possedeva memoria della...


Qual è il significato della frase? Prova a riscriverla utilizzando altri vocaboli e/o espressioni.

sfrecciò


Il medesimo termine è stato utilizzato per indicare, in apertura del brano, le auto in corsa: qual è la funzione di questa ripresa?

inghiottita


Con quale accezione viene utilizzato il vocabolo? Letterale o metaforica? Motiva la risposta.

Nere presenze che irradiavano energia


Quale figura retorica presenta la frase?

Man mano che aveva superato le ultime zone...


Lo stile di Lagioia, improntato al realismo, presenta tuttavia passi in cui gli elementi concreti della descrizione o della narrazione invitano il lettore a riflettere e a interrogarsi sul senso profondo delle cose. Scrive Donatella La Monaca «Con un procedimento stilistico destinato a consolidarsi nella Ferocia, la realtà contemporanea, pur nella concretezza delle coordinate spazio-temporali, sfigurata dalle contrazioni interiori, rifluisce nella narrazione in tutta la sua esacerbata dilemmaticità, complice la densità immaginifica della scrittura.» (https://www.progettoblio.com/lamara-traversata-dellangoscia-ad-occhi-aperti-nicola-lagioia-ed-evelina-santangelo-raccontano-la-contemporaneita/, p. 58)

Il pelo ridotto a un’informe massa grigio scuro


Il particolare del pelo pone fine allo stato di esitazione del lettore: si tratta di un animale.

campo illuminato dalla luna


La scena si svolge di notte, al chiarore lunare. Il particolare è ripreso in chiusura.

gatta


È la gatta che Michele, tornato nella casa paterna a Bari, ha portato con sé da Roma. L’animale, fuggito via, si è infatti smarrito. A p. 359 la perdita della gatta viene associata esplicitamente a quella di Clara; a p. 360 la gatta viene definita affettuosa, paziente, buona, buonissima: Michele, che avrebbe dovuto proteggerla, si interroga sulla sorte di quella «creatura abituata a ricevere solo carezze» pensando ai pericoli a cui sarebbe andata incontro: «Pensò ai topi di cui aveva letto sul giornale. Grosse pantegane che venivano fuori dai pozzetti di raccolta, spaventavano la gente. […] La gatta ne sarebbe stata sopraffatta. Topi dagli occhi color rubino, nati nella violenza.» (ibidem). L’epilogo dell’episodio proposto nel brano sarà però di segno contrario.

Era stremata


Il ricorso al genere femminile, nell’indeterminatezza del soggetto dell’azione, lascerebbe intendere che si tratti di Clara Salvemini, che all’inizio del romanzo viene vista per l’ultima volta girovagare sulla statale Taranto-Bari.

Iniziò a correre


Adesso è il soggetto dell’azione a correre, analogamente ai veicoli che tenta di evitare.

sfrecciavano altri veicoli


Il ricorso al verbo sfrecciare lascia intendere al lettore che si tratta di una strada a veloce scorrimento.

lavanda


I fiori di questa pianta, colorati e profumati, determinano un forte contrasto con il contesto della narrazione (veicoli, morte, asfalto, strada prima, erba secca, grigio scuro, fetore poi).

Non appena i due veicoli furono passati


Dove si svolge l’azione?

sull’asfalto


Si tratta di una strada.

Caricò i muscoli


Nell’incipit del capitolo, il soggetto dell’azione non viene enunciato chiaramente, né può considerarsi sottinteso in base alla narrazione che lo precede. Quale effetto produce sul lettore? In quale punto del testo si comprende che non si tratta di un essere umano?

La ferocia


Di notte, nella periferia della città, la gatta di Michele, sfuggita alla sua custodia, si aggira in cerca di cibo in prossimità di una strada. Il felino corre fra cespugli e alberi fino a quando non si imbatte in un topo; dopo averne accuratamente studiato le mosse, lo uccide azzannandolo alla gola.

La prosa del brano - una digressione dal taglio descrittivo, particolarmente curata sul piano stilistico - presenta un andamento paratattico e un registro medio. La voce narrante, come in tutto il romanzo, è eterodiegetica; qui si focalizza, assumendone il punto di vista, sull’animale protagonista della scena.

Affinava i sensi.


L’intero passo – «Caricò i muscoli…venire decifrate» - presenta vocaboli e/o espressioni riferiti ai cinque sensi: dopo averli elencati in una tabella, spiegane l’efficacia sul piano comunicativo e in relazione al contenuto.

E aveva fame.


L’intero passo presenta evidenti figure di suono: quali? Con quale effetto in relazione al contenuto della narrazione?

×

Nicola Lagioia nasce a Bari il 18 aprile 1973. Laureato in Giurisprudenza, comincia ad occuparsi di scrittura con incarichi di tipo redazionale per diverse case editrici. Autore versatile e prolifico, dalla cifra realista e immaginifica al tempo stesso, si cimenta in generi diversi, dalla poesia (Poesia on-line, volumetto allegato all’Annuario della poesia italiana curato da Giorgio Manacorda, Castelvecchi, 2001) alla sceneggiatura, dal racconto (Patrie impure, Rizzoli, 2003; insieme a Christian Raimo La qualità dell’aria, minimum fax, 2004; Semi di fico d’india, Nuovadimensione, 2005; Periferie, Laterza, 2006; Deandreide, Biblioteca Universale Rizzoli, 2008; Ho visto cose, Biblioteca Universale Rizzoli, 2008; La storia Siamo noi, Neri Pozza, 2008; I miei genitori, Einaudi, 2013) al saggio (Babbo Natale. Dove si racconta come la Coca-Cola ha plasmato il nostro immaginario, Fazi, 2005). Dal 2016 è direttore del Salone Interazionale del Libro di Torino. Attualmente collabora con Rai Radio 3 conducendo Pagina 3, la rassegna stampa culturale, e dirige “nichel”, la collana di narrativa italiana di minimum fax, con cui pubblica nel 2001 il romanzo d’esordio Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi). Dal 2004, anno in cui esce Occidente per principianti, pubblica i romanzi di maggiore successo con Einaudi: Riportando tutto a casa (2010, Premio Siae, Premio Viareggio-Rèpaci, Premio Vittorini, Premio Volponi), La ferocia (2014, Premio Strega e il Premio Mondello), La città dei vivi (2020, Premio Bottari Lattes Grinzane). Lucido interprete della realtà dei nostri tempi, ne esplora attentamente gli aspetti più controversi; particolarmente significativi, in tal senso, Fine della violenza (Due Punti Edizioni, 2010), incentrato sul rapporto fra un uomo e un gatto, e soprattutto Esquilino. Tre ricognizioni (Edizioni dell’Asino, 2017), in cui compare anche un reportage sul fatto di cronaca (l’omicidio di Luca Varani) trattato nell’ultimo romanzo. Le sue opere sono tradotte in 15 paesi.

×

×

Il romanzo La ferocia, ambientato nella Bari dei nostri giorni, narra della ricca famiglia Salvemini, che deve il suo potere alla spregiudicatezza negli affari del costruttore Vittorio, il padre. La misteriosa morte (forse suicidio) della bella e tormentata Clara, la secondogenita, indurrà l’inquieto Michele, fratellastro di lei, a scoprire la verità. La fitta trama di eventi, che coinvolge tutti i componenti del nucleo e altre ambigue figure, svela gli indicibili retroscena di un mondo governato da leggi spietate.

La narrazione presenta aspetti riconducibili a diversi generi letterari, fra cui il noir.

×